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COMPAGNIA TEATRALE PIZZICHI DI SALE

I nostri spettacoli





Le brave ragazze

Mara, Arianna, Tatiana, Eva, Katia: cinque amiche, cinque compagne di viaggio che hanno ritagliato uno spazio tutto loro in cui si raccontano e si confidano.
Cinque donne come tante, con le loro fragilità, le loro inadeguatezze e la forte voglia di vivere. Sono loro le protagoniste di Le Brave Ragazze, un testo frizzante e allo stesso tempo ricco di spunti di riflessione, che porta gli spettatori ad immedesimarsi e a riconoscersi nelle vicende che vengono narrate e che conducono ad un colpo di scena finale...un evento sconvolgente, che cambierà per sempre le loro vite e di fronte al quale queste voci saranno portatrici di emozioni contrastanti.


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Elisabeth, la regina vergine

Elisabeth è il percorso umano e sentimentale di una donna che ha passato l’adolescenza sul filo del rasoio, sempre in bilico tra il possibile trono e il probabile patibolo. Protestante in una Inghilterra Cattolica, governata col terrore dalla sorellastra Maria la sanguinaria, Elisabeth sale al trono proprio alla morte improvvisa di Maria. Convinta di poter porre fine alle guerre di religione che tengono l’Inghilterra in uno stato di arretratezza, Elisabeth, giovane, impreparata e poco sostenuta da un amore adolescenziale, deve imparare con pochi consiglieri fidati a districarsi tra trame di corte e giochi politici. Elisabeth non volendo dare l’Inghilterra in mano a una potenza straniera, resiste alle pressioni per un matrimonio di convenienza. La mancanza di un erede però espone Elisabeth al rischio di complotti come quello che la cugina, Mary Stuart Regina di Scozia mette in piedi con l’aiuto dal duca di Norfolk e l’avvallo del Papa. Prima di diventare la sposa vergine del suo popolo e il simbolo di un’epoca e della rinascita di una nazione, Elisabeth sarà segnata da un amore adulto che lei stessa rifiuta e che finirà per convincerla che l’amore, quel tipo di amore, non può far parte della sua storia.


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Diari dall'Eden

Come sono stati i primi giorni di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden? In questa rappresentazione saranno proprio loro a rivelarcelo, emergendo dalle intime pagine dei loro diari e raccontandoci la scoperta di sé e dell’altro in modo ironico e fiabesco. Intorno ad una panchina ci racconteranno la scoperta del mondo che li circonda e dei fenomeni naturali come il sorgere ed il calare della luna o lo scorrere dell’acqua. Assisteremo così al loro percorso attraverso l’allontanamento dal protetto paradiso terrestre e l’arrivo sulla sconosciuta terra. Lo spettacolo esplorerà i sentimenti dei due progenitori considerando i loro diversi punti di vista nell’esplorazione del mondo fuori e dentro di loro.
Un mito fiabesco sull’incontro tra il primo uomo e la prima donna, caricati di tutti gli stereotipi di genere moderni. Adamo, rozzo e primitivo, si trova in difficoltà nell’incontro con Eva che contrasta con la sua natura solitaria. Eva dall’altra parte cerca di indagare a fondo ogni nuovo sentimento o scoperta, facendosi portatrice di una visione romantica del mondo, che però analizza con fare scientifico.
Nonostante tutte le loro diversità, attraverso la conoscenza, i due impareranno ad amarsi e a non poter più fare a meno l’una dell’altro. Diventeranno “grandi” insieme, arrivando infine a benedire il momento della caduta.
Vedremo infatti come le contraddittorietà dello spazio terrestre porterà i due a ricercarsi per far fronte alle minacce esterne, conducendoli così ad una riscoperta dell’altro in nome di un valore aggiunto: quello dell’incontro. Assisteremo così ad un ultimo passaggio: la conoscenza diventerà quindi riconoscenza, quella di due esseri umani che troveranno nella condivisione delle proprie fragilità e nella reciproca cura di esse il vero senso della vita.

Lo spettacolo segue perlopiù un andamento fresco e dinamico: i toni leggeri vengono quindi mantenuti per una resa decisamente allegra e fiabesca. I livelli su cui ci siamo focalizzati nel lavoro di regia sono principalmente tre: lo spazio dell’Eden, quello della terra e quello più astratto della vecchiaia. Se i primi due livelli rispondono ad un normale meccanismo diegetico e ci raccontano da una parte la scoperta, la sorpresa e la sperimentazione dei due nell’Eden e dall’altra la vergogna, la fragilità umana e l’amore che scoprono sulla terra; il terzo ed ultimo livello esula da questi rendendosi così extradiegetico e collocandosi in un arco temporale futuro ai fatti esposti, ovvero quello della vecchiaia. In questo spazio si ammette così una distanza dei protagonisti dai fatti, che permette loro di raccontarsi anche con una consapevolezza diversa.


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Il processo di rottura

Uno spettacolo di teatro civile che ha come oggetto il processo che venne tenuto a Torino durante gli anni di piombo (anni ’70) ai capi storici, gli ideatori, delle Brigate Rosse. Processo che venne chiamato, appunto “di rottura”.
È un processo che ha fatto storia, non solo nell’ambiente giuridico:
- per le persone coinvolte e i temi trattati: le BR non riconoscevano lo Stato e quindi neanche il la Corte d’Assise che li doveva giudicare; rifiutarono qualunque tipo di difesa tecnica, revocarono il mandato ai loro difensori ed intendevano loro, da imputati, giudicare la Corte, anziché esser giudicati;
- per la difficoltà nel trovare i componenti laici (cittadini comuni, non magistrati) della Corte d’Assise a causa delle minacce di morte provenienti dall’ambiente degli imputati;
- per gli omicidi strumentali commessi dalle BR durante il processo (in quel periodo venne sequestrato e ucciso Moro);
- per l’omicidio del Presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino avvenuto durante il processo quando, avendo le BR revocato i loro difensori – e rifiutando qualunque tipo di difesa tecnica – venne nominato dalla Corte d’Assise loro difensore d’ufficio (a garanzia degli imputati, essendo in Italia la difesa tecnica);
- perché come dice un personaggio alla fine dello spettacolo, in quel periodo di quasi guerra civile, “lo Stato vacillò, ma non cadde grazie al sangue di uomini onesti”.

E’ uno spettacolo, come detto, di teatro civile, rivolto alla cittadinanza per il particolare significato che ebbe nella storia nel nostro Paese quel processo.


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L'importanza di chiamarsi Ernest

Commedia satirica ambientata in età vittoriana in cui il fulcro della vicenda ruota attorno ad una piccola bugia e agli equivoci che ne scaturiscono, ritorcendosi contro chi aveva pronunciato la bugia stessa.
Jack è un uomo baldanzoso e ricco ma dagli sconosciuti natali, che vive nella campagna inglese insieme alla giovane Cecily, di cui è tutore, e l’istitutrice della giovane donna, Miss Prism.
L’uomo spesso deve assentarsi dalla tenuta per andare a Londra, dove risiede il dissoluto fratello Ernest che gli crea sempre grossi grattacapi. Essendo Jack il ritratto della rettitudine, nessuno potrebbe mai pensare che in realtà Ernest non esiste, ma così è.
Quello infatti è il nome che Jack usa per frequentare l’alta società londinese e in particolar modo per far visita all’amico Algernon, nonché cugino di Gwendolen, la giovane nobildonna di cui Jack è innamorato. Lei lo ricambia anche perché è innamorata dell’idea di amare l’uomo dal nome perfetto (infatti Ernest letto in inglese significa “il più onesto”).
I guai cominciano quando Algernon (squattrinato donnaiolo e fiero di esserlo che vive la vita senza preoccuparsi delle conseguenze), plaudendo alla messinscena sul falso nome di Jack e incuriosito dai racconti sulla giovane Cecily, decide di sfruttare la situazione per farle visita presentandosi come il fratello di Jack, Ernest appunto. La situazione si complicherà ulteriormente quando anche Gwendolen deciderà di recarsi alla tenuta in campagna dando vita a mirabolanti fraintendimenti e romantici equivoci.


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Cortesi omicidi

La noiosa routine di una famiglia prossima allo sfascio viene sconvolta dall'arrivo di una governante misteriosa. In un crescendo di esilaranti situazioni, come una Mary Poppins all'incontrario, la governante riuscirà a riportare una ventata di speranza e quell'armonia che sembrava ormai irrimediabilmente perduta.


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L'Acqua Cheta

Primi del ‘900. Una famiglia borghese fiorentina: il padre Ulisse, di mestiere fiaccheraio, la madre Rosa, due figlie in età da marito, Anita e Ida, con due caratteri diversi. Il bacalaro Stinchi, sempre ubriaco, aggiunge un tocco di colore alla vita quotidiana della famiglia. Un giovane falegname è innamorato della figlia maggiore mentre un pretendente giunge a corteggiare segretamente la minore. La routine della vita di tutti i giorni viene interrotta da un evento inatteso… proprio coloro che sembravano personcine per bene getteranno nello scompiglio l’intera famiglia, perché si sa, ‘le acque chete rovinano i ponti’!
Una commedia dai sapori antichi della tradizione fiorentina ma ancora estremamente attuale. La commedia fiorentina più conosciuta ed amata dal pubblico di Firenze!


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Hamlet


Hamlet è una tragedia immersa nel buio. Inizia durante una guardia notturna. Il Regno di Danimarca è funestato da una morte opaca. Il principe Hamlet veste a lutto, ma la sua è una tenebra dell'anima. Tra la mezzanotte e l'alba, tra l'oscurità e la luce, lo Spettro appare: annuncia a Hamlet che il fratricidio, il delitto più nero, ha messo fine al Regno del Padre. E il Figlio è chiamato alla vendetta, che in realtà è redenzione del mondo e sacrificio di sé.
L'impianto simbolico della massima tragedia di Shakespeare è, come si vede, pienamente cristologico. Hamlet si sente investito di una missione sacra: rinuncia così al suo incolpevole amore terreno, e si appresta al compito con la dedizione e il tormento di un monaco folle, in bilico tra il dovere e l'indugio.
Ma il dissidio non è solo nell'animo scisso del Principe: è nelle fibre dell'intera tragedia, dove potenti scene comiche e contrappunti grotteschi rendono ancora più intenso, per contrasto, il precipitare verso la dissoluzione, finché la morte non avrà avvolto ogni cosa.


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